Un nuovo modo di intendere (o fraintendere?) la letteratura, un coacervo di assurdità e sconcezze, un patetico tentativo di imitare il ritmo e le "trovate" tipiche dei film demenziali (tipo "l'aereo più pazzo del mondo" e i vari Scary Movies). Questa è la letteratura demenziale: scritta senza paure, senza timori, senza pudori… Ma, soprattutto, senza cervello! Roba forte per stomaci forti, masochisti, depressi (che si deprimono ancora di più) e schizofrenici. Dopo che avrete letto questi abominevoli testi, non sarete più quelli di prima: sarete molto peggio! Comprate queste sconcezze, vi prego… Datemi l’illusione di vivere un momento di notorietà! Comprate, comprate a man bassa, per pietà! Se lo fate, sono disposto a tutto: camminare sui carboni ardenti (l’ho già fatto una volta), attraversare La Manica con un materassino da mare bucato, scalare il Monte Bianco in pieno inverno in costume da bagno, spararmi cinque ore consecutive di canzoni di Carla Bruni (no, questo no: c’è un limite a tutto!). E molto altro ancora…
Milanese, nato nell’ormai (discretamente) lontano 1963, Massimo Liverani Minzoni, dopo il liceo classico, si è iscritto all’Università conseguendo la laurea in Giurisprudenza nel 1987 ed è anche avvocato. Fin da ragazzino ha avuto ambizioni letterarie, perseguite però a fasi alterne e con impegno discontinuo sia per la molteplicità di interessi che ha sempre coltivato sia (soprattutto) perché, se a questo mondo si vuole campare, un lavoro bisogna pur trovarselo (dando per assodato che solo pochi fortunati “eletti” - eccezionalmente bravi oppure, come più spesso capita, “ammanicati” come si deve - riescono a vivere di letteratura). Da parecchi anni svolge la professione di Segretario Comunale: attività poco nota alla gente e di cui nessuno capisce una mazza, a meno che non sia dell’ambiente. In ogni caso, si tratta di un lavoro che - casomai ce ne fosse bisogno - gli ha consentito di constatare l’assurdità della complessa ed elefantiaca burocrazia italiana, ingessata e resa ridicola da una serie incredibile di norme assurde e contraddittorie, per non dire del tutto demenziali. Forse per reazione naturale a questo o forse perché leggermente schizofrenico (speriamo di no), l’autore non ha mai abbandonato del tutto la sua vocazione letteraria e, nei ritagli di tempo, si diletta a scrivere qualcosa. Fondamentalmente convinto che la gente si dia troppa importanza e non sappia ridere di sé stessa, ritiene che uno stile grottesco e volutamente sopra le righe sia quello che meglio di ogni altro si addice a esprimere il proprio pensiero. Molte case editrici hanno storto il naso di fronte a questo inusuale approccio narrativo. L’autore, quindi, resta profondamente grato a chi, invece, ha avuto il coraggio (o la sventatezza, a seconda dei punti di vista) di pubblicare i suoi libri.
In una chiesetta alla periferia di Milano, un prete viene trovato morto completamente nudo in un lago di sangue, supino, con le braccia e le gambe divaricate a formare una specie di X e con una scopa infilata nel deretano “(dalla parte del manico, ovviamente)”. La scopa indica uno strano geroglifico. Il prete, prima di morire, ha tracciato col proprio sangue alcuni numeri a casaccio e un nome. Inizia da questi scarni elementi un'appassionata caccia al tesoro, la caccia al mistero del grande “O”, un segreto che, se trovato e applicato a livello mondiale, permetterebbe di tradurre in realtà il famoso detto hippy: “fate l'amore, non fate la guerra". Ma il mondo non è ancora preparato a questa fondamentale ed epocale svolta… Un thriller assolutamente demenziale, di una volgarità rivoltante: roba forte per stomaci forti!
È un romanzo che ho volutamente definito “demenziale”, in quanto in esso ho cercato di introdurre il ritmo e le "trovate" tipiche dei film demenziali (tipo "l'aereo più pazzo del mondo"" e i vari Scary Movies). Il titolo è in parte ispirato a una celebre poesia di Edgar Allan Poe ("Il Verme Vittorioso"), che riporto all'inizio del libro; la trama è ispirata a quella di un melodramma di Alfredo Catalani (Loreley). Il libro è scritto con uno stile (diversificato in più punti) volutamente grottesco e sopra le righe. Ho cercato infatti di scrivere qualcosa di molto originale, in quanto ritengo che sia completamente inutile scrivere romanzi triti e ritriti e biografie di persone ignote, che non interessano a nessuno. Intendiamoci: non che al giorno d’oggi non si scrivano belle cose. Ma dopo millenni di letteratura sono cose inutili, perché ormai si è detto tutto di tutto. E questo libro è ancora più inutile degli altri, perché è assurdo e di una volgarità sconcertante! Ma almeno, presenta, forse, qualche spunto di originalità (il forse è sempre d’obbligo…)!
Questi racconti si dividono in due blocchi: una quadrilogia con prologo, piuttosto “antica” e una trilogia più recente e per così dire, più “sbarazzina” Nel primo blocco troviamo la redenzione della morte e una storia molto attuale: due lesbiche che vogliono generare un figlio, ma senza fecondazione assistita. Ci sono poi le storie di un uomo che è morto senza rendersene conto, del diario di un folle schizofrenico, di un giallo ambientato in un luogo assurdo, realmente esistito. Segue una trilogia interamente dedicata al sesso: un uomo innamorato di una bambola, un secondo di una fatina finta e il terzo di un ologramma al computer. In questo caso lo stile non è demenziale, ma il contenuto sì! Uomini persi, quelli dei tre racconti. E mi sono accorto che, senza volerlo, io sono di un moralismo rivoltante: i tre protagonisti scontano con un castigo estremo le loro strane perversioni!